E' grazie a questi studi che Albert Einstein vinse il premio Nobel per la fisica nel 1921 e non per la Teoria della Relatività, come molti credono.
Albert Einstein, con Frank Aydelotte, direttore del Institute for Advanced Study, e sua moglie, mostra la lingua al fotografo Arthur Sasse. |
"Il suo assunto centrale fu che la radiazione, negli scambi energetici, debba essere pensata come costituita da pacchetti indivisibili (fotoni: quanti di luce), di energia proporzionale alla frequenza della luce stessa, secondo la formula:
essendo f la frequenza della radiazione ed h la costante di Planck.
Ora, gli elettroni di conduzione in un metallo possono essere considerati, dal punto di vista energetico, come intrappolati in una buca di energia potenziale. La profondità di tale buca, detta funzione lavoro ed indicata con W, corrisponde al lavoro che occorre fare su uno di essi, situato in prossimità della superficie, per sottrarlo al metallo stesso. W rappresenta quindi la minima spesa energetica per estrarre un elettrone. Se un quanto di luce interagisce (urta) con l’elettrone può cedere a questo una quantità di energia data dalla formula (1). Di tale energia, una quantità almeno pari a W verrà spesa dalla particella per sottrarsi al legame del metallo, il resto sarà da essa trasportato sotto forma di energia cinetica residua, che indicheremo con K. Risulta chiaro che per gli elettroni più energetici emessi vale:
Efotone=hf (1)
essendo f la frequenza della radiazione ed h la costante di Planck.
Ora, gli elettroni di conduzione in un metallo possono essere considerati, dal punto di vista energetico, come intrappolati in una buca di energia potenziale. La profondità di tale buca, detta funzione lavoro ed indicata con W, corrisponde al lavoro che occorre fare su uno di essi, situato in prossimità della superficie, per sottrarlo al metallo stesso. W rappresenta quindi la minima spesa energetica per estrarre un elettrone. Se un quanto di luce interagisce (urta) con l’elettrone può cedere a questo una quantità di energia data dalla formula (1). Di tale energia, una quantità almeno pari a W verrà spesa dalla particella per sottrarsi al legame del metallo, il resto sarà da essa trasportato sotto forma di energia cinetica residua, che indicheremo con K. Risulta chiaro che per gli elettroni più energetici emessi vale:
K=hf - W (2)."
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