Santi di Tito, Ritratto di Machiavelli, 1525 ca. olio su tavola, Museo di Palazzo Vecchio, Firenze. |
Il “fine” cui guardare, nell'ottica machiavelliana, è di natura esclusivamente politica e consiste nel raggiungimento del potere, nel suo mantenimento e nella solidità dello stato. Unicamente a tale scopo il principe deve saper «entrare nel male, necessitato»: nessuna sua azione, neppure la più riprovevole, può essere condannata se volta a
«vincere e mantenere lo stato»: «i mezzi saranno sempre ritenuti onorevoli e da ciascuno laudati».
E ancora,
«...nelle azioni [...] massime de’ principi [...] si guarda al fine.»
"[…] io mi meraviglierei, se la mia sorte non mi havessi mostre tante cose et sì varie, che io sono constrecto ad meravigliarmi poco o confessare non havere gustate né leggiendo né praticando le actioni delli huomini et e modi del procedere loro. […] vedendosi con varii governi conseguire una medesima cosa et diversamente operando havere uno medesimo fine”
(Machiavelli a Soderini, 13-21 settembre 1506).
Quindi secondo Machiavelli è molto importante che i governi non si focalizzino sugli effetti delle proprie azioni per raggiungere i propri obiettivi; giustifica quindi l'adozione di qualsiasi metodo, anche di quelli che non sono propriamente morali, se questi sono necessari per il bene della collettività. Elabora questa sua opinione perché nei suoi ideali giace un profondo pessimismo nei confronti della natura umana.
fonti:
https://www.studenti.it/il-principe-di-machiavelli.html
I CLASSICI NOSTRI CONTEMPORANEI, Dalle origini all'età comunale, Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razzetti, Giuseppe Zaccaria, paravia
I CLASSICI NOSTRI CONTEMPORANEI, Dalle origini all'età comunale, Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razzetti, Giuseppe Zaccaria, paravia
Nessun commento:
Posta un commento